Capitolo 1
“Che cosa c’è di più grande per le anime umane che sentire di essere uniti per la vita; essere insieme in silenziosi e indescrivibili ricordi?”
~ George Eliot ~
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Le tre grandi oche di Tolosa sbucarono gioiosamente da dietro l’angolo della serra e si precipitarono, con insospettabile velocità, verso la panca, dove i tre uomini si stavano godendo la relativa frescura della sera.
“Dante, Gemma, Beatrice, venite qui! Avete voglia di un po’ di compagnia umana?”
Evidentemente le oche erano affezionate all’uomo che aveva parlato con loro, perché, ignorando ostentatamente gli altri due, andarono a sfregare affettuosamente i lunghi colli contro le sue gambe, coperte da un paio di vecchi jeans. L’uomo grattò loro la testa ricevendo in cambio dei gentili e amichevoli colpetti di becco inoffensivi.
“Ehi, ehi, Beatrice, calmati. Ti sei mangiata dell’erba psichedelica o cosa?”
Rise di cuore scuotendo la testa; i suoi capelli lunghi e scuri, raccolti in una coda di cavallo, gli ballavano sulle spalle.
William Collins–perché stiamo proprio parlando di lui in questo momento–non era cambiato negli ultimi tre anni, sebbene molte cose fossero cambiato nella sua vita.
Ecco, lo possiamo vedere; è quello con un aspetto vagamente teatrale, come un attore di un film di avventura, sorpreso sul set cinematografico; è vestito semplicemente di una t-shirt nera e un vecchio paio di jeans; ma quella apparentemente banale tenuta assume su di lui caratteristiche assolutamente personali.
Seduto vicino a William, un uomo biondo, attraente e molto abbronzato, prossimo alla quarantina (oh, ma non dimostra davvero la sua età–beato lui–e la sua abbronzatura non sa di lampada e solarium, ma di vita all’aria aperta) sta sorridendo calmo. Deve essere per forza Peter Boyle, il compagno di vita di William. Lo possiamo facilmente riconoscere dall’aura di serenità e onestà che s’irradia dai suoi occhi colmi di sorriso.
La maggioranza delle persone comincia a sorridere con le labbra e forse, se è veramente sincero, il sentimento si diffonde poi anche agli occhi, che si mettono a sorridere a loro volta. Gli ipocriti e gli imbroglioni sorridono solo con le labbra, artificialmente, mentre gli occhi rimangono diffidenti e freddi. Peter sorrideva prima di tutto con gli occhi, poi con tutta la faccia; pochissimi adulti sono ancora capaci di mostrare altrettanta generosità e positività per tutti gli aspetti della vita.
Che dire del terzo uomo? È più anziano, sui sessant’anni. Ci sembra, a guardarlo bene, di averlo già visto da qualche parte, ma c’è qualcosa di diverso adesso in lui. Sembra un viandante che, dopo un complicato e penoso viaggio, sia appena giunto in una nuova terra, dove pensa di fermarsi, almeno per un po’ di tempo. E in realtà le cose stanno proprio come sembrano.
Ma torniamo in dietro a quello che stava accadendo là, in quel principio di serata, quando avevamo lasciato per un momento i tre uomini con le oche.
Il posto era così idealmente bello che poteva apparire anch’esso come una scena costruita per girare un film. La panca dove sedevano i tre uomini si appoggiava alla facciata di pietra grigia di una grande masseria, sobriamente restaurata. Il vasto cortile rettangolare era delimitato su tre lati dalla casa, da un edificio più basso, della stessa pietra grigia, e da una stalla.
Il quarto lato si apriva su una vista scenografica, che cominciava con un campo di girasoli in primo piano e terminava con il profilo blu delle colline toscane sullo sfondo.
Guardando sulla sinistra, oltre la bassa costruzione, a circa trecento metri di distanza, si vedeva un’antica torre longobarda circondata da un oliveto.
Reginald, l’uomo più anziano, si tolse gli occhiali, come faceva sempre quando era turbato o commosso. Non aveva visto i suoi carissimi amici da più di un anno e nel frattempo un cambiamento basilare aveva totalmente rivoluzionato la sua vita.
Era stato un prete cattolico per trentacinque anni, fino a che aveva deciso di abbandonare il ministero, sotto la pressione psicologica troppo pensante di molti eventi e per una sua evoluzione spirituale interiore.
Aveva motivato la sua decisione dicendo che mai avrebbe perso la fede in Dio, ma che ormai aveva totalmente perso la fede nella Chiesa.
La migliore amica di Reginald, Julia Fitzpatrick, era morta tre anni prima, a ottantacinque anni, lasciando un vuoto che non sarebbe mai stato colmato nell’esistenza di quelli che le volevano bene. Peter, suo figlio adottivo, ne era stato sconvolto. Lui e il suo compagno Wiliam, dopo aver tenuto la loro relazione nascosta per anni alla maggioranza degli abitanti del loro piccolo villaggio irlandese, decisero che, senza Julia, non c’era nessuna ragione veramente seria che li potesse tenere a Ballybeg, obbligandoli a vivere ambiguamente la loro profonda relazione sentimentale.
Julia aveva lasciato a Peter tutti i suoi beni, che erano risultati perfino più cospicui di quanto si sarebbe immaginato, una volta sistemate tutte le faccende notarili e i cavilli legali. William possedeva di suo un rilevante patrimonio.
Decisero di trasferirsi in Toscana, una regione italiana che entrambi amavano. Acquistarono una vecchia masseria, con parecchio terreno, sulle colline attorno ad Arezzo, e ristrutturarono tutto con totale rispetto per le caratteristiche dell’ambiente.
Ne ricavarono una foresteria da adibire ad agriturismo e William aprì un piccolissimo ristorante, parecchio esclusivo, che era diventato conosciuto e apprezzato in brevissimo tempo.
Nel frattempo Reginald era rimasto in Irlanda a lottare solo contro i suoi dubbi sempre più profondi e a maturare il suo approccio critico verso quello che era stato il suo mondo per quasi tutta la sua vita.
“Devi essere stanchissimo, Reginald, è stata una lunga giornata, piena di emozioni. Una buona notte di sonno e domani ti sentirai in forma smagliante, poi avrai tutto il tempo per famigliarizzarti con la tua nuova casa.” Peter gli parlò con tono incoraggiante, poiché vedeva bene che aveva l’aria quasi sperduta.
“Vi sono così grato, a tutti e due, per avermi invitato qui; posso solo ammettere che non avrei saputo che altro fare. È difficile alla mia età ricominciare tutto da capo, non ho neppure una professione. Ho sempre fatto il prete, ma non sono stato all’altezza del compito, se fossi stato un buon prete, non avrei rinunciato al ministero…”
“Dai piantala, Reginald. Dante, Gemma e Beatrice diventano sospettosi quando vedono qualcuno triste da queste parti.” William continuava a coccolare le oche, che davvero si erano messe a guardare Reginald come fossero perplesse.
William aveva sempre avuto la capacità naturale di mettere di buon umore gli amici con il suo modo di fare istrionico e buffo; ancora una volta Reginald sembrò dimenticare un poco le sue preoccupazioni.
“Sono assolutamente felice di essere qui con voi, tutto è bello come un vero paradiso e mi mancavate talmente entrambi. Sono molto stanco. Ma domani sarò entusiasta di scoprire le meraviglie di casa vostra.”
“Ehi, aspetta un momento, che diavolo hai detto? Peter hai sentito quello che questo uomo ha osato dire? Questa è anche casa tua, non solo la nostra. È casa tua, Reginald, per sempre, per tutto il tempo per cui ti andrà di vivere con noi. Ma come hai potuto pensare che ti avessimo fatto venire fin dall’Irlanda con armi e bagagli solo per una vacanzetta? Stupidaggini!” William alzò il tono della voce e le oche s’innervosirono immediatamente. I tre grossi uccelli iniziarono a strepitare a loro volta, agitando le grandi ali bianche.
“Buone, buone, Beatrice, Gemma, Dante stai tranquillo…oh chiudete il becco, non solo metaforicamente nel vostro caso, prima che decida di trasformarvi tutti in pâté de foie gras! Dannazione, lo vedi quello che hai combinato Reginald? Hai offeso le mie oche; si sentono molto turbate sapendo che non vuoi vivere qui con tutti noi!”
Reginald, commosso fino alle lacrime e sopraffatto dalla gratitudine, guardò Peter, che era rimasto in silenzio annuendo:
“Io…io non posso crederci, sarei solo di peso, per la vostra vita e per…”
“Reginald, ma era ovvio che ti saresti trasferito a vivere qui con noi. Forse in forma un pochino anomala, ma noi siamo una famiglia, tu William ed io.” Peter passo un braccio attorno alle spalle dell’amico per confortarlo.
“Non trovo le parole.” Reginald non sapeva più dove mettere gli occhiali “Sono felice al di là di ogni immaginazione. Ma lavorerò. Voglio darvi il mio contributo, non appena avrò imparato a fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ditemi solo quello che dovrei fare e lo farò”.
William era riuscito in qualche modo a calmare le oche, che ora non erano più aggressive, come se avessero capito che Reginald non rappresentava una minaccia, ma era un membro della loro comunità.
“La prima cosa che dovresti fare, Reginald, è imparare l’italiano!”
“Che cosa c’è di più grande per le anime umane che sentire di essere uniti per la vita; essere insieme in silenziosi e indescrivibili ricordi?”
~ George Eliot ~
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Le tre grandi oche di Tolosa sbucarono gioiosamente da dietro l’angolo della serra e si precipitarono, con insospettabile velocità, verso la panca, dove i tre uomini si stavano godendo la relativa frescura della sera.
“Dante, Gemma, Beatrice, venite qui! Avete voglia di un po’ di compagnia umana?”
Evidentemente le oche erano affezionate all’uomo che aveva parlato con loro, perché, ignorando ostentatamente gli altri due, andarono a sfregare affettuosamente i lunghi colli contro le sue gambe, coperte da un paio di vecchi jeans. L’uomo grattò loro la testa ricevendo in cambio dei gentili e amichevoli colpetti di becco inoffensivi.
“Ehi, ehi, Beatrice, calmati. Ti sei mangiata dell’erba psichedelica o cosa?”
Rise di cuore scuotendo la testa; i suoi capelli lunghi e scuri, raccolti in una coda di cavallo, gli ballavano sulle spalle.
William Collins–perché stiamo proprio parlando di lui in questo momento–non era cambiato negli ultimi tre anni, sebbene molte cose fossero cambiato nella sua vita.
Ecco, lo possiamo vedere; è quello con un aspetto vagamente teatrale, come un attore di un film di avventura, sorpreso sul set cinematografico; è vestito semplicemente di una t-shirt nera e un vecchio paio di jeans; ma quella apparentemente banale tenuta assume su di lui caratteristiche assolutamente personali.
Seduto vicino a William, un uomo biondo, attraente e molto abbronzato, prossimo alla quarantina (oh, ma non dimostra davvero la sua età–beato lui–e la sua abbronzatura non sa di lampada e solarium, ma di vita all’aria aperta) sta sorridendo calmo. Deve essere per forza Peter Boyle, il compagno di vita di William. Lo possiamo facilmente riconoscere dall’aura di serenità e onestà che s’irradia dai suoi occhi colmi di sorriso.
La maggioranza delle persone comincia a sorridere con le labbra e forse, se è veramente sincero, il sentimento si diffonde poi anche agli occhi, che si mettono a sorridere a loro volta. Gli ipocriti e gli imbroglioni sorridono solo con le labbra, artificialmente, mentre gli occhi rimangono diffidenti e freddi. Peter sorrideva prima di tutto con gli occhi, poi con tutta la faccia; pochissimi adulti sono ancora capaci di mostrare altrettanta generosità e positività per tutti gli aspetti della vita.
Che dire del terzo uomo? È più anziano, sui sessant’anni. Ci sembra, a guardarlo bene, di averlo già visto da qualche parte, ma c’è qualcosa di diverso adesso in lui. Sembra un viandante che, dopo un complicato e penoso viaggio, sia appena giunto in una nuova terra, dove pensa di fermarsi, almeno per un po’ di tempo. E in realtà le cose stanno proprio come sembrano.
Ma torniamo in dietro a quello che stava accadendo là, in quel principio di serata, quando avevamo lasciato per un momento i tre uomini con le oche.
Il posto era così idealmente bello che poteva apparire anch’esso come una scena costruita per girare un film. La panca dove sedevano i tre uomini si appoggiava alla facciata di pietra grigia di una grande masseria, sobriamente restaurata. Il vasto cortile rettangolare era delimitato su tre lati dalla casa, da un edificio più basso, della stessa pietra grigia, e da una stalla.
Il quarto lato si apriva su una vista scenografica, che cominciava con un campo di girasoli in primo piano e terminava con il profilo blu delle colline toscane sullo sfondo.
Guardando sulla sinistra, oltre la bassa costruzione, a circa trecento metri di distanza, si vedeva un’antica torre longobarda circondata da un oliveto.
Reginald, l’uomo più anziano, si tolse gli occhiali, come faceva sempre quando era turbato o commosso. Non aveva visto i suoi carissimi amici da più di un anno e nel frattempo un cambiamento basilare aveva totalmente rivoluzionato la sua vita.
Era stato un prete cattolico per trentacinque anni, fino a che aveva deciso di abbandonare il ministero, sotto la pressione psicologica troppo pensante di molti eventi e per una sua evoluzione spirituale interiore.
Aveva motivato la sua decisione dicendo che mai avrebbe perso la fede in Dio, ma che ormai aveva totalmente perso la fede nella Chiesa.
La migliore amica di Reginald, Julia Fitzpatrick, era morta tre anni prima, a ottantacinque anni, lasciando un vuoto che non sarebbe mai stato colmato nell’esistenza di quelli che le volevano bene. Peter, suo figlio adottivo, ne era stato sconvolto. Lui e il suo compagno Wiliam, dopo aver tenuto la loro relazione nascosta per anni alla maggioranza degli abitanti del loro piccolo villaggio irlandese, decisero che, senza Julia, non c’era nessuna ragione veramente seria che li potesse tenere a Ballybeg, obbligandoli a vivere ambiguamente la loro profonda relazione sentimentale.
Julia aveva lasciato a Peter tutti i suoi beni, che erano risultati perfino più cospicui di quanto si sarebbe immaginato, una volta sistemate tutte le faccende notarili e i cavilli legali. William possedeva di suo un rilevante patrimonio.
Decisero di trasferirsi in Toscana, una regione italiana che entrambi amavano. Acquistarono una vecchia masseria, con parecchio terreno, sulle colline attorno ad Arezzo, e ristrutturarono tutto con totale rispetto per le caratteristiche dell’ambiente.
Ne ricavarono una foresteria da adibire ad agriturismo e William aprì un piccolissimo ristorante, parecchio esclusivo, che era diventato conosciuto e apprezzato in brevissimo tempo.
Nel frattempo Reginald era rimasto in Irlanda a lottare solo contro i suoi dubbi sempre più profondi e a maturare il suo approccio critico verso quello che era stato il suo mondo per quasi tutta la sua vita.
“Devi essere stanchissimo, Reginald, è stata una lunga giornata, piena di emozioni. Una buona notte di sonno e domani ti sentirai in forma smagliante, poi avrai tutto il tempo per famigliarizzarti con la tua nuova casa.” Peter gli parlò con tono incoraggiante, poiché vedeva bene che aveva l’aria quasi sperduta.
“Vi sono così grato, a tutti e due, per avermi invitato qui; posso solo ammettere che non avrei saputo che altro fare. È difficile alla mia età ricominciare tutto da capo, non ho neppure una professione. Ho sempre fatto il prete, ma non sono stato all’altezza del compito, se fossi stato un buon prete, non avrei rinunciato al ministero…”
“Dai piantala, Reginald. Dante, Gemma e Beatrice diventano sospettosi quando vedono qualcuno triste da queste parti.” William continuava a coccolare le oche, che davvero si erano messe a guardare Reginald come fossero perplesse.
William aveva sempre avuto la capacità naturale di mettere di buon umore gli amici con il suo modo di fare istrionico e buffo; ancora una volta Reginald sembrò dimenticare un poco le sue preoccupazioni.
“Sono assolutamente felice di essere qui con voi, tutto è bello come un vero paradiso e mi mancavate talmente entrambi. Sono molto stanco. Ma domani sarò entusiasta di scoprire le meraviglie di casa vostra.”
“Ehi, aspetta un momento, che diavolo hai detto? Peter hai sentito quello che questo uomo ha osato dire? Questa è anche casa tua, non solo la nostra. È casa tua, Reginald, per sempre, per tutto il tempo per cui ti andrà di vivere con noi. Ma come hai potuto pensare che ti avessimo fatto venire fin dall’Irlanda con armi e bagagli solo per una vacanzetta? Stupidaggini!” William alzò il tono della voce e le oche s’innervosirono immediatamente. I tre grossi uccelli iniziarono a strepitare a loro volta, agitando le grandi ali bianche.
“Buone, buone, Beatrice, Gemma, Dante stai tranquillo…oh chiudete il becco, non solo metaforicamente nel vostro caso, prima che decida di trasformarvi tutti in pâté de foie gras! Dannazione, lo vedi quello che hai combinato Reginald? Hai offeso le mie oche; si sentono molto turbate sapendo che non vuoi vivere qui con tutti noi!”
Reginald, commosso fino alle lacrime e sopraffatto dalla gratitudine, guardò Peter, che era rimasto in silenzio annuendo:
“Io…io non posso crederci, sarei solo di peso, per la vostra vita e per…”
“Reginald, ma era ovvio che ti saresti trasferito a vivere qui con noi. Forse in forma un pochino anomala, ma noi siamo una famiglia, tu William ed io.” Peter passo un braccio attorno alle spalle dell’amico per confortarlo.
“Non trovo le parole.” Reginald non sapeva più dove mettere gli occhiali “Sono felice al di là di ogni immaginazione. Ma lavorerò. Voglio darvi il mio contributo, non appena avrò imparato a fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ditemi solo quello che dovrei fare e lo farò”.
William era riuscito in qualche modo a calmare le oche, che ora non erano più aggressive, come se avessero capito che Reginald non rappresentava una minaccia, ma era un membro della loro comunità.
“La prima cosa che dovresti fare, Reginald, è imparare l’italiano!”